Blog

L’unico ritratto superstite di John Florio mostra un volto scuro, brillante, vivace. Il secondo è andato perduto o forse erroneamente attribuito a qualcun altro.

RITRATTO E PERSONALITA’ 


IL RITRATTO DI JOHN FLORIO DI WILLIAM HOLE

Un ritratto di John Florio è stampato nella sua seconda e più ampia edizione del suo vocabolario italo-inglese Queen’s Anna New World of Words. Si tratta di un’incisione di William Hole che appare sulle prime pagine del dizionario. Qui vediamo Florio all’età matura di 58 anni che indossa una livrea di gentiluomo della camera reale privata, un abito nero damascato o satinato, con velluto e pelliccia con frangia. Due dozzine di bottoni di seta e quattro catene sul petto completano il quadro. A destra del ritratto di John Florio c’è il motto di Giordano Bruno “Chi si contenta gode” (“Who lives content hath all the world at will”), un ossimoro se confrontato con il progetto erculeo che aveva appena portato a termine. Subito sopra c’è un altro simbolo della filosofia di Bruno: il sole con i raggi che era lo stemma della famiglia di Florio.

Il ritratto di John Florio di William Hole mostra un volto scuro, brillante, vivace. Barba quasi appuntita, bocca mobile, pelle bruna, solchi nervosi orizzontali sulla fronte e occhi spalancati. L’espressione è vigile, intelligente e prudente, e “la forza che proviene dall’intelligenza e dall’energia la sottolinea”. 1

 John Florio di William Hole; L’iscrizione sul ritratto riporta: “En virtute sua contentus, nobilis arte, Italus ore, Anglus pectore, uterq opere, Floret adhuc, adhuc florebit; floreat ultra FLORIVS, hac specie floridus, optat amans Tam felix utinam”.

 Potete osservare il ritratto di John Florio realizzato da William Hole in alta definizione grazie a LUNA. Clicca il cursore in basso a destra per ingrandire.


 IL RITRATTO PERDUTO DI JOHN FLORIO DI MYTENS

 C’era un altro ritratto di John Florio, che probabilmente é stato dipinto da Daniel Mytens, in possesso della famiglia Dorset. Nessun ritratto di questo tipo è oggi menzionato nella lista dei loro dipinti. Eppure che i Sackvilles avessero un ritratto di Florio appare dal Common-place book di Charles Sackville, 6° conte del Dorset, ora tra i Manoscritti Harleian (N. 4636):

  “Questo pittore che credo sia Mytens che ha realizzato il ritratto di Re Giacomo, ha realizzato il quadro di Florio che abbiamo”.

Mentre nell’articolo dedicato a John Florio nel Dizionario della Biografia Nazionale Sir Sidney Leeha sottolineato che:

  “Si dice che ci sia un ritratto di John Florio di Mytens a Knole Park”.

 Il ritratto di John Florio non c’è più. È andato perduto, o forse è stato considerato come se rappresentasse qualcun altro.

 IL RITRATTO DI JOHN FLORIO DI BRUCE ROGERS

Un ritratto più recente di John Florio è stato realizzato in un’edizione elegantemente stampata dei Saggi di Montaigne di Bruce Rogers. È datato 1903, Boston.

 
 

  LA PERSONALITÀ DI JOHN FLORIO

 LEGGENDE

La personalità di John Florio è stata snaturata nel corso dei secoli da diversi storici e critici che ne hanno sottolineato in modo eccessivo il suo puritanesimo, soprattutto a causa del tono moralistico (solo in parte) che si ritrova nella sua prima composizione, First Fruites (1578). La ragione di alcuni toni moralistici presentati nell’opera è stata ampiamente spiegata. 2 Tuttavia, sono stati amplificati, dando di conseguenza un’immagine irreale e fuorviante dell’uomo. La concezione di John Florio di una vita e di un’educazione liberale, infatti, è per molti aspetti analoga a quella dei grandi umanisti italiani del Rinascimento. Uno di questi, il suo educatore Pier Paolo Vergerio, che sosteneva la visione dell’uomo come armonia tra corpo e anima, intesa però in modo molto diverso da quella dei puritani. In definitiva, i brani dei First Fruits scelti da John Florio per illustrare tali principi sono di tono umanistico e derivano da autori classici, soprattutto Plutarco. Inoltre, tutto ciò è implicito piuttosto che dichiarato nel lavoro precedente. Non solo i Second Fruits mostrano chiaramente un cambio di temperamento in cui il precedente tono moralizzatore viene abbandonato, ma Florio entrò in contatto con le menti più interessanti e ribelli del XVI secolo. Uno di loro, Giordano Bruno. È davvero difficile immaginare che il filosofo Nolano, con il suo spirito profondamente ribelle e il suo odio verso i pedanti, come dimostrano chiaramente le sue opere, sarebbe diventato così amichevole e vicino a John Florio, se egli fosse stato uno di loro. Inoltre, basta dare uno sguardo alla sua reputazione contemporanea per giudicare in quale alta stima fosse tenuto. Era amato e stimato dalle figure più importanti e brillanti del suo tempo: Giordano Bruno, Ben Jonson, Henry Wriothesley, Francis Walsingham, Robert Dudley, Lord Burghley, Philip Sidney, Spencer, solo per citarne alcuni. Tutto questo non corrisponde alla descrizione distorta che alcuni storici hanno fatto di John Florio nei secoli. La descrizione che i suoi contemporanei hanno fatto di lui, infatti, è qualcosa non solo interessante, ma rivelatrice di un uomo con una mente e un carattere unici.

REALTÀ: FLORIO, IL RISOLUTO

Frances Yates, biografa di Florio, ha descritto John Florio come uno scrittore che ha sempre cercato di produrre uno shock di felice sorpresa per esprimere “quella sua personalità strana, leggermente comica, fortemente marcata”. Ha anche spiegato che il motivo del fascino delle sue traduzioni è dovuto alla loro stranezza, “e la ragione di questo è che il traduttore era una persona pittoresca”. Arundel Del Re lo ha descritto come un “Don Chisciotte” italiano-inglese, che ha scelto Resolute come nome accademico autoimposto, perché la risoluzione e la determinazione sono caratteristiche salienti dell’uomo. John Florio possedeva infatti un carattere forte e coerente, non troppo comune tra i suoi contemporanei, oltre a un tocco di fiducia in sè stesso e di fiducia nel proprio giudizio superiore, forse ereditato dal padre Michelangelo. Tali tratti hanno certamente contribuito notevolmente a rafforzare il legame d’amicizia nato con Giordano Bruno durante gli agitati ma felici due anni e mezzo trascorsi insieme all’Ambasciata Francese. Come uomo e come scrittore, John Florio era spesso pomposo, egocentrico e pienamente consapevole del proprio valore. Il suo amore per i libri e la sua radicata convinzione della nobile funzione della letteratura erano passionalmente sinceri, onesti e completamente liberi da secondi fini. Come umanista, condivideva la combattività degli umanisti italiani. Un simile atteggiamento non sarebbe stato apprezzato dagli elisabettiani intensamente nazionalisti della generazione successiva a Sidney, che non amavano gli inglesi italiani per motivi patriottici e religiosi e, ingiustificatamente, classificavano Florio tra di loro. Non era innaturale che, in queste circostanze, egli si trovasse sulla difensiva. Era veemente nella sue simpatie e nelle sue antipatie, che spesso portava a dispute e litigi, e la sua inquietudine era caratteristica degli umanisti italiani. Inoltre, l’uomo aveva un vigore fisico e mentale che gli permetteva di portare a termine fatiche ardue. Fu, a tutti gli effetti, uno dei più dotti e prodigiosi studiosi del Rinascimento, e dovrebbe essere riconosciuto come l’umanista rappresentativo dell’età elisabettiana.

GLI AMICI 


JOHN FLORIO DAI SUOI CONTEMPORANEI: I SUOI AMICI

JOHN DONNE

John Donne descriveva John Florio come vanitoso ed eccentrico. In The Courtier’s Library Donne sottolinea l’estrema raffinatezza di Florio nel parlare, che lo portava a usare termini che gli piacievano, ma che sono spesso rari e complicati. John Donne riferisce anche che John Florio aveva qualcosa di comico a volte, un tratto di personalità molto particolare e accentuato che tendeva a un’eccessiva eccentricità, soprattutto linguistica. In questo contesto, John Donne fa la parodia di Florio in un titolo tentacolare e immaginario (qui tradotto dal latino):

 
 

 “L’Oceano di Corte, o, La Piramide, o il Colosso, o il Pozzo senza fondo dell’ingegno: in cui … tutto ciò che può essere proposto è proposto sul tema degli stuzzicadenti e degli abbinamenti delle unghie; Raccolti e ridotti in un corpus e dedicati ai loro singoli scrittori da John Florio … poesie in lode dell’Autore nei libri I-XCVII, che seguono”.

Sottolineando la pomposità dello stile di Florio, quasi tutto il libro è consumato con il marchio d’autore della dedica e delle felicitazioni, in cui il favore e il sentimento dilagano. John Donne era tra i contemporanei di Florio che percepivano qualcosa di comico nel suo atteggiamento pittoresco e snob. L’intimità di Donne con la Contessa di Bedford, gli avrebbe dato l’opportunità di osservare le eccentricità dell'”Anglo-italiano” 3

VAUGHAN: JOHN FLORIO, DECANTATORE DI SONETTI SALACI

William Vaughan, nel suo The Golden Fleece, ci informa che John Florio era in grado di usare un linguaggio volgare e scurrile. L’episodio in cui Florio è ritratto da Vaughan, come un decantatore di versi scurrili e volgari, si riferisce ad un compleanno reale. Ma all’epoca di questo evento (avvenuto dopo il 1603), John Florio poteva permettersi un comportamento simile, essendo una celebrità e in una posizione di potere a corte.

VAUGHAN: JOHN FLORIO NEL MENAFON DI ROBERT GREENE

  William Vaughan, in un altro libro, Spirit of Detraction, ritrasse Florio come un ingenuo studioso, difendendolo dalle accuse di Thomas Nashe e Robert Greene. Thomas Nashe, infatti, nel Menaphon di Robert Greene (1589) muove accuse contro un presunto maestro d’arte idiota che “Ripone l’eternità nella bocca di un attore”. Ma questo “idiota”, per Thomas Nashe, non scrive davvero quello che “ripone” nella bocca di un attore, perché prende tutto da altri scrittori. Nashe aggiunge anche: “Nihil dictum quod non dictus prius”, che significa “Non si dice nulla che non sia stato detto prima”.

” In effetti, devo dire che gli anni discendenti dall’Atene dei filosofi non hanno fornito oratori così presenti da poter essere eloquenti in qualsiasi vena Inglese, ma o devono prendere in prestito dalle invenzioni dell’Ariosto e dei suoi connazionali, o devono scegliere le parole nei libri dei toscani di Tullio e degli storiografi latini (non similitudini, no, no, proprio interi fogli e trattati alla lettera e parecchio da Plutarco e Plinio), e, per concludere, tutto il loro metodo di scrittura sta in tratti comici imitati male dai nostri retori, affinché si possa dire Nil dictum quod non dictum prius [=Non può esserci nulla di detto che non sia stato detto prima] sia l’opinione più corretta dei nostri ultimi scrittori. [..]”

John Florio, a differenza di quanto si pensa, è l’idiota attaccato da Thomas Nashe nel Menaphon. Alcuni amici di Florio lo hanno difeso dall’attacco di Nashe. Sir William Vaughan, infatti, prese le parti di Florio. E così facendo, dimostra che Florio e il “maestro d’arte idiota” di Nashe sono la stessa persona. Nel suo Spirit of Detraction, (1611) 4 Vaughan difende un “ingenuo studioso” che è stato attaccato perché non ha scritto davvero le sue opere, ma ha copiato da altri (come diceva Nashe nel Menaphon sul maestro d’arte idiota). Vaughan scrive che John Florio fu accusato di essere una “botta vuota” che non faceva altro che ”dire ciò che era già stato detto”:

“Il silenzio non fa male: ma la parola si: Questi mormoranti pagliacci sghignazzano che lui é un codardo, un maliconico pagliaccio, o un semplice sciocco. Lasciate che un ingenuo studioso pieno di esperienza, condito con dottrina cristiana, che ha il cuore timorato e segnato da zelo e carità, non faccia altro che spalancare il barile della sua arguzia, che Dio gli ha dedicato; gridano che il suo cervello non è che un barile vuoto, la sua arguzia sterile, la sua materia presa in prestito da libri di altri scrittori. A tale ultima imputazione, anche se confesso che questo antico detto fa loro riferimento: nihil dictum, quod non est dictum prius: Non si dice nulla che non sia stato detto prima”.

Vaughan, William, Spirit of Detraction, p. 110

 Vaughan chiarisce che si riferisce all’accusa di Nashe nel Menaphon di Greene, quando cita le parole di Nashe: “Nihil dictum quod non dictus prius”. In questo modo, ha chiarito che si riferiva a Thomas Nashe e a ciò che aveva scritto sul “maestro d’arte idiota”.

YATES: JOHN FLORIO, L’INGENUO STUDIOSO

Frances Yates, nel suo libro Love’s Labour’s Lost, conferma che William Vaughan nel suo Spirit of Detraction si riferisce a John Florio quando usa il termine “ingenuous scholler”. Fa anche notare che Vaughan ha usato queste parole per descrivere John Florio perché lui stesso a volte chiamava il suo amico Florio “Ingenuous scholler”. In conclusione, l'”Ingenuous scholler” citato da William Vaughan nel suo Spirit of Detraction e l’idiota maestro d’arte citato da Thomas Nashe nel Menaphon di Greene sono la stessa persona: John Florio.

LA DIFESA DI GABRIEL HARVEY DI JOHN FLORIO CONTRO ROBERT GREENE

 
Gabriel Harvey, un amico di John Florio che lo ammirava e lo difendeva dai suoi nemici. 

William Vaughan difese John Florio dagli attacchi di Thomas Nashe nel Menaphon di Greene. Tuttavia, Vaughan non fu l’unico a difendere Florio dagli attacchi dei suoi nemici. John Florio, come spiegato in diverse pagine di questo sito, era stato attaccato più volte nella sua carriera. Ciò era dovuto soprattutto alle sue origini straniere. L’intensa antipatia per gli stranieri era un grosso pericolo durante il periodo Elisabettiano. Nei Second Fruits, infatti, John Florio accennava a come i suoi nemici avessero un “coltello a comando per tagliarmi la gola” perché “Un Inglese Italianato é un Diavolo Incarnato”. Inoltre, Florio era, tra tutti gli stranieri, lo scrittore più importante e famoso. Ottenne un reddito sicuro, fu apprezzato ed elogiato dai migliori mecenati, e ricoprì una posizione di prestigio a corte. Gabriel Harvey, amico di John Florio che lo lodò più volte e che aveva una copia dei suoi Firste Fruites, difese esplicitamente John Florio definendolo come un uomo dal “coraggio italianizzato” dagli attacchi di Thomas Nashe, Robert Greene e dei suoi nemici:

“Greene, vile Greene, fossi onesto almeno la metà del peggiore dei quattro che hai minacciato, o la metà erudito del meno erudito di quei tre! Ringrazia gli altri per quelle piume prese in prestito e riempite dal coraggio italianizzato, e ciò che resta, é se non la totale impudenza e la grossa detrazione; gli ornamenti appropriati del tuo dolce discorso.”

WILLIAM CORNWALLIS 

 Nei suoi Saggi, del 1600, Sir William Cornwallis the Younger fu il primo in Inghilterra a richiamare l’attenzione sui meriti di Montaigne. L’allievo di Florio, Cornwallis, descriveva anche il traduttore, John Florio:

“Montaigne ora parla bene l’inglese. Lo fa un uomo meno attento alla natura per le sue fortune che per la sua arguzia, ma meno per il suo volto che per la sua fortuna. La verità è che sembra più un bravo ragazzo che un uomo saggio, eppure è saggio al di là della sua fortuna o della sua educazione”.

Dal ritratto di John Florio di William Hole non si percepisce nulla che possa giustificare l’osservazione di Cornwallis. Probabilmente l’osservazione negativa sul volto di Florio può essere dovuta alla sua pelle più scura o ai tratti del viso mediterranei che non erano percepiti, nel periodo Elisabettiano, come standard di bellezza.

BEN JONSON: JOHN FLORIO, L’AIUTO DELLE SUE MUSE.

 
   Ben Jonson (1617 ca.), di Abraham Blyenberch; olio su tela, National Portrait Gallery di Londra.

Samuel Daniel, amico di lunga data di Florio, si riferiva a John Florio come a suo “fratello”. Ben Jonson ha detto che era apprezzato negli ambienti più esclusivi. In questo contesto, è importante notare che Ben Jonson era davvero orgoglioso di vantarsi del fatto che, a differenza del suo solito tempo molto più lungo nella preparazione delle sue opere, il suo Volpone (1607) fu preparato solo in cinque settimane. È il caso di considerare che uno dei suoi preziosi collaboratori, nella preparazione di questa famosa commedia di Jonson, fu John Florio. È anche significativo che Ben Jonson nella sua dedica in una copia di Volpone a John Florio abbia scritto:

“Al suo amato Padre e degno Amico Maestro John Florio. L’Aiuto delle sue Muse. Ben Jonson suggella questa testimonianza di Amicizia e di Amore”.

 Questa è una testimonianza molto importante a nome di John Florio come scrittore fantasma, o almeno, come collaboratore. La dedica di Ben Jonson non è mai stata pienamente apprezzata e il ruolo di Florio è stato valutato solo parzialmente, e solo come mero fornitore di informazioni sul folklore italiano. Le opere di Florio, le sue due enciclopedie e la sua opera d’arte, i Saggi di Montaigne, sono la prova che egli era molto più capace di essere un semplice maestro, come alcuni storici hanno cercato di raccontare nei secoli, talvolta non solo sminuendo le sue opere, ma anche relegandolo nell’oscurità.

Con quella dedica, Ben Jonson dimostrò di poter accelerare la composizione del suo Volpone e di poterla concludere in cinque settimane anche perché aveva al suo fianco John Florio come suo prezioso collaboratore. Se John Florio è stato l'”aiuto” della musa di Jonson, può benissimo essere stato l’aiuto di molte altre muse. Questo importante aspetto della carriera letteraria di Florio, da sempre costellata di preziose collaborazioni, non è stato ancora del tutto individuato e non è stato nemmeno indagato.

 NEMICI


JOHN FLORIO & I SUOI CONTEMPORANEI: I NEMICI

JOHN ELIOT

John Eliot attaccò violentemente John Florio nella sua Ortho-epia Gallica (1593). Per Frances Yates, questa pubblicazione ha scosso profondamente il mondo dell’insegnamento moderno. John Florio fu ovviamente la vittima principale della satira di John Eliot, essendo il più famoso e importante degli insegnanti di lingua. Questa tempesta era dovuta soprattutto al timore che i rifugiati protestanti stranieri portassero via il pane dalla bocca degli inglesi in molti mestieri e professioni abili: 

“Il sentimento contro gli stranieri si è fatto forte nell’anno 1593 e le autorità si aspettavano di avere a che fare con i disordini anti-stranieri e che si ripetesse l'”Evil May Day” […] I Second Fruits di Florio, con la sua rinascita di ricordi legati alla rudezza di Bruno nella Cena de le Ceneri, non si pensava suscitasse un crescente sentimento di irritazione contro i maestri stranieri e non sorprende che la maggior parte della satira di Eliot sia diretta a Florio”.

Yates, F. A., John Florio, The Life of an Italian in Shakespeare’s England, p. 147

Florio rispose alle critiche di John Eliot nel suo 1598 A Worlde of Worldes, ricordando quell’attacco come un “vecchio pericolo”:    

“Ma prima di raccontarti (gentile lettore) lo scopo del mio nuovo viaggio: lasciami un po’ di tempo per compiacermi e rinfrescarti con un discorso su un mio vecchio pericolo. Poiché, per certi versi, è un pericolo comune, e la scoperta può giovare ad altri uomini, come a me stesso. E qui potrei cominciare con quei notevoli Pirati in questo mare di carta, quei cani di mare, o critici del luogo, mostri di uomini, se non bestie piuttosto che uomini; i cui denti sono Cannibali, le loro lingue forche appuntite, le loro labbra pungiglioni avvelenati, i loro occhi gli occhi di un basilisco, il loro respiro il respiro di una tomba…”. 

 

 JOHN ELIOT: FLORIO, L’ARRAMPICATORE SOCIALE

Critici del luogo: il riferimento di John Florio è all’Ortho-epia Gallica di John Eliot e al suo lavoro di critico e giornalista. Florio era visto da Eliot come un “usurpatore”, un pericoloso arrampicatore sociale, in quanto gli stranieri si imponevano ovviamente con più successo degli Inglesi nell’insegnamento delle lingue straniere. A quel tempo, in Inghilterra, ci fu un’accesa polemica contro gli insegnanti stranieri, insegnanti di cui Florio era l’emblema, e tutte le attività collaterali di Florio suscitarono rabbia e invidia: l’attacco di Eliot nell’ Ortho-epia Gallica contro Florio ne è un esempio. I nemici di Florio, infatti, non tolleravano che uno straniero potesse avere un successo che, per loro, doveva invece essere riservato solo agli inglesi. Questa aperta ostilità di molti nei confronti di John Florio come straniero, poteva giustificare l’atteggiamento cauto di Florio nel pubblicare opere che gli avrebbero dato una pubblicità negativa. Spiega anche perché più tardi nella sua vita, pur avendo avuto una posizione di prestigio a corte, pubblicò in forma anonima il Decamerone di Boccaccio. La sua cautela nell’attività letteraria a corte, di cui parla Vaughan, e i diversi modi in cui si firmava nel corso della sua carriera (alcuni esempi: N.W. nel libro di Daniel, J.H. nella traduzione di John Haley, I.F. nella sua traduzione del 1591 di Perpetuall and naturall prognostications of the change of weather, ecc…;) sono la prova che gli attacchi dei suoi nemici, Eliot, Nashe, Greene, hanno avuto conseguenze sulle sue attività letterarie. Tuttavia, il suo atteggiamento risoluto, definito da Gabriel Harvey Coraggio Italianizzato, non gli ha impedito di scrivere e pubblicare le sue opere, nonostante le numerose difficoltà e i pericoli che ha incontrato nel corso della sua carriera.

ROBERT GREENE

Dai contemporanei di John Florio e soprattutto dalle Epistole di Florio al lettore si capisce che era stato attaccato anche da Robert Greene. In Phaeton al suo amico Florio, uno dei primi sonetti elisabettiani, pubblicato nei Second Fruits nel 1591, c’è un riferimento a Robert Greene:

Sweet friend, whose name agrees with thy increase

How fit a rival art thou of the spring!

For when each branch hath left his flourishing,

And green-locked summer’s shady pleasures cease,

She makes the winter’s storms repose in peace

And spends her franchise on each living thing:

The daisies spout, the little birds do sing,

Herbs, gums, and plants do vaunt of their release.

So when that all our English wits lay dead

(Except the laurel that is evergreen)

Thou with thy fruits our barrenness o’erspread

And set thy flowery pleasance to be seen.

Such fruits, such flowerets of morality

Were ne’er before brought out of Italy.


Incisione che mostra Robert Greene. L’immagine è del defunto Greene, e proviene da un opuscolo pubblicato nel 1598, “Greene in Conceipt”, di John Dickenson. Mostra l’autore defunto avvolto nel suo mantello.    


 Inoltre, Florio, nei suoi Second Fruits, fa riferimento a un “mole-hill” (mucchio di roba insignificante) che pubblicò i suoi “abiti da lutto”, che, in effetti, è il titolo di un’opera di Robert Greene, Mourning Garment, del 1590.

In sostanza, Robert Greene, come Hugh Sanford, Thomas Nashe ed Eliot, non sopportavano Florio perché:

  • John Florio non era laureato.
  • Nel 1590 John Florio curò la pubblicazione dell‘Arcadia di Sidney, uno dei poeti più acclamati dell’epoca elisabettiana.
  • Florio si oppose violentemente a John Eliot, che era un accanito difensore di Robert Greene.
  • Florio era uno straniero di successo.
  • Soprattutto perché John Florio aveva definito le opere di Greene “una montagna di nulla” all’inizio dei suoi Secondi Frutti.

THOMAS NASHE

Nell’introduzione dei Second Fruits, Florio attacca pesantemente Robert Greene. Greene e Florio non erano quindi amici, come non lo erano Nashe e Florio. John Florio, infatti, scrive di non appartenere alla cerchia letteraria di Greene e Nashe: “Non sono della loro fazione”.

John Florio scrive anche che ha una “grande fazione di bravi scrittori che sono dalla mia parte” in A World of Wordes (1598). La grande fazione dei bravi scrittori non include Thomas Nashe, o John Eliot, o Robert Greene. Non appartenevano alla stessa cerchia letteraria. I “bravi scrittori che sono dalla mia parte” erano, ad esempio, Gabriel Harvey, William Vaughan, Samuel Daniel e Ben Jonson.

LITIGIO LETTERARIO

THOMAS NASHE NEL MENAFON E JOHN FLORIO NEI SECOND FRUITS.

Incisione polemica che deride Nashe come galeotto. Da The Trimming of Thomas Nashe, Gentleman (1597) di Richard Lichfield.  

Come spiegato prima nel paragrafo sulla difesa di William Vaughan di John Florio nel suo Spirit of Detraction, e sull’analisi di Frances Yates di Florio come l’ingenuo studioso in Love Labour’s Lost, Thomas Nashe parlava di John Florio nel Menaphon (1589). Thomas Nashe, infatti, scrive che qualcuno, che è uno scrittore, ruba da altri scrittori (uno di loro è proprio Nashe) e passa le sue opere ad un attore: “Riposa l’eternità nella bocca di un attore”. Questo scrittore è John Florio. Nashe, infatti, scrive che Florio è molto veloce nel realizzare le sue opere, rispetto al tempo di cui Nashe ha bisogno per scrivere. Perché? Ovvio: questo scrittore, questo “maestro d’arte idiota”, ruba da altri autori. I seguenti brani sono tratti dal Menaphon di Nashe-Greene e dai Second Fruits di Florio.       

 LA LITE TRA JOHN FLORIO E THOMAS NASHE SPIEGATA: IL MAESTRO D’ARTE IDIOTA

Nashe è davvero critico nei confronti di questo ‘maestro d’arte idiota’ (Florio era un maestro d’arte al Magdalen College di Oxford) perché Thomas Nashe preferisce “l’uomo (Robert Greene) la cui vena estemporanea, in qualsiasi umorismo, eccelle il pensiero deliberato dei nostri più grandi maestri d’arte”, non l’uomo (John Florio) “le cui invenzioni, più veloci del suo occhio, sfideranno il retore più orgoglioso alla contesa di una simile perfezione con una simile spedizione.”

Mentre Florio è molto veloce nel produrre arte, poiché la sua “invenzione” è “più veloce del suo occhio”, l’approccio di Nashe è quello di investire tempo per riflettere sulla sua produzione. Il tempo per Nashe è fondamentale, scrive infatti:

“Non sono stati i dodici anni di lavoro di Maro a rendere così celebri le sue dodici Eneidi?”  

Così, per Thomas Nashe conta molto il tempo investito nella produzione artistica, per questo apprezza “i dodici anni di fatica che hanno reso famoso l’Eneide di Virgilio, non l'”invenzione” di qualcuno che è “più veloce del suo occhio” nella scrittura. Per Thomas Nashe, infatti, l’arte dello scrittore la cui “invenzione è più veloce del suo occhio” non può che essere un plagio. Per questo disprezza la “penna all’italiana” (John Florio) e il “pacchetto di scartoffie rubate” che questa penna produce.

John Florio ha ricevuto il riferimento fattogli da Nashe e gli ha risposto nei suoi Second Fruits:

“Non è meraviglioso il numero dodici?” 

 E poi aggiunge che non è il tempo (dodici settimane, mesi o anni) ma le idee. Infatti, per John Florio, la trama é vuota anche se si lavora sodo per “tre anni” e si finisce per non avere nulla “per il loro lavoro, se non il loro travaglio”. Questo è il problema: Florio e Nashe avevano una concezione diversa della produzione artistica.

Alcuni studiosi di Florio, Arundel Del Re e Frances Yates, hanno evidenziato i riferimenti di Florio nelle opere di Thomas Nashe, Vuaghan e Greene. Queste allusioni fanno inevitabilmente di Florio la principale vittima dei loro attacchi. Inoltre, John Florio ha risposto a ciascuno degli attacchi di Nashe, Greene ed Eliot, il che dimostra chiaramente che egli era il bersaglio delle loro critiche. Poiché Thomas Nashe scrisse che John Florio, lo scrittore, “riposa l’eternità nella bocca di un attore”, sarebbe interessante capire, in questo contesto, chi era l’attore.

 JOHN FLORIO NEL “TERRORI DELLA NOTTE” DI THOMAS NASHE

Non c’è dubbio che Thomas Nashe abbia letto quello che John Florio aveva scritto su di lui nei Second Fruits, e abbia guardato almeno quel primo dialogo, quando John Florio, insieme a Giordano Bruno, apre l’armadio alla ricerca di un abito da indossare, prima di buttarlo sprezzantemente da parte. Un paio d’anni dopo i Second Fruits, infatti, nel suo Terrors of the Night (1594) Thomas Nashe sta riflettendo rovinosamente sulla sua mancanza di un mecenate:

“In un calamaio sto tutto il giorno a pescare, ma non ho la fortuna di San Pietro di portare un pesce all’amo che porta in bocca l’argento”.

 Si riferisce a John Florio che nel 1594 godeva ancora del comodo patrocinio di Henry Wriothesley, il conte di Southampton. Thomas Nashe avverte altri allievi della nobiltà del patricinio e di quali scrittori ne fossero davvero degni, e del fatto che qualcuno (pare) non aveva mantenuto la promessa di mettere una buona parola per Nashe:

“Ce ne sono anche di quelli che portano l’argento in bocca, ma nessuno in mano; cioè sono molto generosi e onesti nelle loro parole, ma (tranne che per giurare, in effetti) da loro non provengono altre buone azioni.”

   Nashe continua a disegnare un’inconfondibile caratura sia di John Florio che del suo libro più recente, Second Fruits. Nashe, infatti, deve aver letto almeno il primo dialogo di Florio, quando menziona Nolano, (Giordano Bruno) che prende in giro l’amico Florio per aver impiegato troppo tempo per scegliere l’abito giusto dal guardaroba:

 Titolo completo: The Terrors of the Night, Or, A Discourse of Apparitions, tenuto dalla British Library.

“Sono dei luridi adulatori italiani che si fanno annoverare tra i Signori di Corte e i raffinati giudici d’arguzia; Quando, se i loro armadi e le loro vesciche appassite del cervello fossero ben perquisite, non avrebbero altro che qualche abito stracciato nell’uno, e qualche brandello di proverbi stravaganti nell’altro, e questi da soli li proteggono dal considerarli mendicanti e idioti.

   Thomas Nashe ricorda anche la passione di Florio per Torquato Tasso:

Altrimenti forse possono tenere una bobina (discorso rumoroso) con lo spirito del Tasso, e poi piegano le braccia come degli spacconi, distendono il collo alla Napoletana, e alzano gli occhi al cielo come uomini incantati.

  Questa descrizione corrisponde a John Florio, con i suoi seimila eleganti proverbi e il suo armadio pieno di abiti. Da questo attacco è chiaro che la causa dell’amarezza di Thomas Nashe è da ricercarsi nel mecenatismo che Henry Wriothesley si rifiutò di dargli e che invece diede a John Florio.

HUGH SANFORD

In A World of Wordes John Florio tornò a quello che lui chiamava un “vecchio pericolo”, gli attacchi dei critici, e rivelò di aver rintracciato un uomo che aveva inventato uno scurrile soprannome latino dalla firma abituale di Florio “Resolute I. F.” Quest’uomo era Hugh Sanford. Egli accusa poi il suo familiare avversario Thomas Nashe di aver usato questo nomignolo e chiama un riferimento al poeta romano Marziale per puntare il dito contro uno che aggiunge qualcosa di scurrile al libro di un altro scrittore.

UN SOPRANNOME LATINO OFFENSIVO

John Florio identifica H. S. (il tutor rivale Hugh Sandford) come il coniatore di un rude nome latino:

“Questo tizio, questo H. S., leggendo (perché vorrei che sapeste che è un lettore e anche uno scrittore) sotto la mia ultima epistola al lettore I. F. ha creato dalla F. una parola scurrile come se io fossi stato suo fratello. Ora recte sit oculis magister tuis ha detto un antico scrittore ad una lettura molto simile a quella di un grammatico pedante: Dio salvi la sua vista, signore, o almeno il suo giudizio”.  

  Sappiamo quindi che Hugh Sanford ha insultato John Florio, facendo della sua firma “Resolute I. F.” (Resolute Iohannes Florius) un soprannome latino offensivo. Florio decide di rispondere in modo simile, e crea dei soprannomi latini delle iniziali di quest’uomo, dimostrando che può fare la stessa cosa anche in molte altre lingue:

 “E non potrebbe un uomo che può fare tanto quanto hai fatto tu (cioè, leggere) trovare tanta materia fuori da H.S. quanto tu hai fatto con I.F.? Ad esempio non potrebbe H. S. stare bene con Haeres Stultitiae, come per Homo Simplex? o per Hara Suillina, come per Hostis Studiosorum? o per Hircus Satiricus? E questo in latino, oltre a Hedera Seguace, Harpia Subata, Humore Superbo, Hipocrito Simulatore in italiano. E in inglese ce ne sarebbe un mondo infinito. Huffe Snuffe, Horse Stealer, Hob Sowter, Hugh Sot, Humphrey Swineshead, Hodge Sowgelder. Ora, Maestro H. S., se questo ti infastidisce, lascia perdere i calci, e nel frattempo puoi farci una bella piastrina dalla tua maggiorana essiccata”.

  Dopo aver deriso la mancanza di arguzia di H. S., John Florio continua con:

“Se H. S. non mi avesse provocato in modo così incosciente e senza motivo, non sarei stato indotto, contro la mia natura, e contro il mio modo di fare, a rispondergli in questo modo; anche se, fortunatamente, in futuro lo ignorerò piuttosto che perseguitarlo. Egli è da biasimare (dice Marziale, e inoltre lo marchia con un nome feroce) colui che farà lo spiritoso nel libro di un altro scrittore.”     

 Questi litigi letterari tra John Florio e Nashe, Greene, Eliot e Sanford sono la prova che è stato attaccato più volte nella sua carriera. Dimostrano anche che il suo talento, le sue opere e la sua capacità di entrare in contatto con gli uomini più importanti dell’epoca, lavorando e collaborando con altri scrittori, lo hanno esposto a pericoli reali. Ciononostante, ha portato avanti le sue battaglie letterarie, continuando a scrivere e non si è mai arreso di fronte alle minacce e ai pericoli dei suoi nemici. Anche più tardi nella sua vita, rimase sempre il Risoluto John Florio.


 Come citare questa voce:

  “Resolute John Florio”, “Ritratto e personalità”, URL= https://www.resolutejohnflorio.com/it/2019/12/04/9280/

   Questa voce è stata pubblicata per la prima volta il 4 dicembre 2019. È stata modificata l’ultima volta il 22 Gennaio 2020.

  Note: 
  1. Yates, F. A., John Florio, The Life of an Italian in Shakespeare’s England, Cambridge University press, 1932, p. 276
  2. Leggere 1.4, L’influenza del padre di John nei First Fruits.
  3. Yates, F. A., John Florio, cit., p. 225
  4. Vaughan, W., Spirit of Detraction, University of Oxford, Text Archive, TCP: The third cicle of the spirit of detraction, Lineament X, pag. 110