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Come la leggenda sui Florio ha danneggiato il grande autore Anglo-Italiano

La settimana scorsa, nel programma Le Parole di Rai 3 condotto da Massimo Gramellini, si è parlato di John Florio. La questione ha suscitato diverse reazioni: spettatori felicemente sorpresi, appassionati di Shakespeare scandalizzati, professori contrariati.

Ma cosa ha raccontato Vecchioni in merito a John Florio? Ha parlato della teoria Crollalanza

La teoria Crollalanza sostiene che Michelangelo Florio, il padre del più famoso John, fosse di origini siciliane, e che la moglie si chiamasse Guglielmina Crollalanza. Emigrato in Inghilterra, ha successivamente iniziato a scrivere i drammi attribuiti, in seguito, all’attore di Stratford, traducendo il nome di Guglielmina Crollalanza in William Shakespeare. Qui la domanda nasce spontanea: ma perché Michelangelo Florio ha tradotto il nome della moglie e non il suo? Michael-Angel Flower, forse, non gli piaceva?

Partendo dalla domanda Shakespeariana “What’s in a name?”, qualche anno fa, di mia spontanea volontà, ho deciso di studiare a fondo questa teoria. GuglielminaShake-Speare, Michael Flower: dovevo vederci chiaro. Non riuscivo a capire se questa leggenda fosse basata su un granello di verità e dove avessero acquisito tutte queste informazioni sulla madre di John Florio, ad oggi ancora, difatti, sconosciuta.

Ho deciso, quindi, di documentarmi e ho acquistato diversi libri in merito per cercare anche una solo fonte, un documento che potesse provare quanto sostenuto dai fan della teoria Crollalanza.

Il primo libro che ho letto è stato scritto da Paolo Vigano, ed è basato, rullo di tamburi, su sedute spiritiche. Tutto il libro è un susseguirsi di varie sedute tenute dall’autore e altri appassionati del tema nell’arco di tre anni. Durante queste sedute spiritiche i fan di Crollalanza hanno intervistato proprio tutti: John Florio, Giordano Bruno, Philip Sidney, Christopher Marlowe, persino la regina Elisabetta I! E quale segreto hanno rivelato? “Si, Shakespeare era Crollalanza.”

Perché affannarsi a fare ricerche su libri rari e archivi polverosi quando puoi fare sedute spiritiche comodamente dal tavolo di casa? Trovata geniale.

Eppure non mi sono arresa. Dopo questa tribolante avventura al limite della sanità mentale, sono andata avanti e ho acquistato un altro libro per cercare uno stralcio di documento su Crollalanza. Mi sono imbattuta in Domenico Rotundo e il libro Le origini Italiane di Shakespeare – J. Florio e la Rosacroce, Scienza ed esoterismo nella Calabria del seicento, dove l’autore asserisce che in realtà Shakespeare fosse originario di Bagnara Calabra, la Perla del Tirreno. Acqua cristallina e spiagge bianchissime. Ecco dove Shakespeare ha appresso la sua passione per il mare. Partendo dalla Sicilia e dalla Calabria, arrivò fino a Stratford Upon Avon dove pare che Crollalanza avesse una parentela con l’attore Will e il padre John, il guantaio: erano cugini. Da qui poi l’utilizzo del nome Shake-Spear e della sostituzione con l’attore che prende il posto del cugino di Bagnara. 

Beautiful scansati. 

I documenti? le fonti? Manco a parlarne. Ho successivamente, e come ultima spiaggia, cercato anche in diversi archivi Inglesi. Nihil. Nulla. Nada. Zero. Mi sono arresa, ma ho scoperto che altri appassionati del tema – soprattutto e quasi tutti siciliani – si dilettano tutt’oggi a pubblicare libri e romanzi nei quali Michelangelo Florio Crollalanza scrive Much Ado About Nothing, Troppo trafficu pè niente, e il figlio John traduce e rielabora le commedie del padre attribuite in seguito al Cigno dell’Avon.

Io vorrei piangere, però rido. Perché questa simpatica (ma neanche troppo eh) storiella ha attirato l’attenzione di molti, ed è inevitabilmente finita sul web con una miriade di articoli clickbait nei quali l’intera favola è raccontata proprio nei minimi dettagli. C’è solo un piccolo cavillo: gli autori buontemponi non aggiungono che non vi è uno stralcio di documento e prova che possa confermare quanto asseriscono gli appassionati fan di Crollalanza. Insomma questa storia non è nient’altro che una ciancia sesquipedale che questi signori portano avanti con orgoglio da tempo immemore.

Vecchioni, durante la trasmissione Le Parole, mi è sembrato sinceramente appassionato al tema, e pieno di buone intenzioni, ma è finito nella rete sbagliata. Perché bastava sapere che Michelangelo Florio – ma per i fan di Crollalanza è una quisquìglia – è morto nel 1566, quando John aveva poco più di tredici anni, e non fece più ritorno in Inghilterra. Se poi i fan di Crollalanza vogliono credere che il fantasma di Michael Flower abbia scritto le opere di Shakespeare – come tra l’altro tutt’oggi qualche fan di Marlowe asserisce credendo fermamente che non sia morto davvero ma abbia continuato a vivere e a scrivere sotto mentite spoglie – sono liberissimi di farlo, ma non vengano presi in considerazione per parlarne seriamente, e soprattutto in televisione in una trasmissione culturale come quella di Gramellini.

In tutto questo marasma, chi viene danneggiato maggiormente é proprio John Florio, che in questa storia non c’entra proprio nulla. Ho già più volte sottolineato che John Florio è stato vittima di una coltre di bugie perpetrate per secoli da diversi studiosi, Shakespeariani e non, e solo negli ultimi anni sta affannosamente, e lentamente, uscendo fuori come il vero e grande autore che è stato. Nel programma Le Parole si poteva parlare di tutte le parole inglesi da lui create, o del grandissimo contributo che ha dato alla cultura, letteratura, e lingua inglese. E si poteva anche parlare di Shakespeare, perché no? Studiare la vita e le opere di Florio è fondamentale anche per capire le opere di Shakespeare. Insomma, Florio non è estraneo a Shakespeare, e non bisogna aver paura di parlarne. Questa storia, però, è ancora oggi gestita male. In parte a causa dei Crollalanza boys, e in parte perché c’è ancora una fetta di studiosi e accademici che non ama dire la verità su Florio e sulla grande influenza che lui ha avuto nelle opere di Shakespeare. Questa relazione suscita ancora qualche antipatia, dà fastidio, e quando a volte se ne parla – come è accaduto nel programma di Rai 3 – si cita proprio la Crollalanza, perché la bufala a molti fa gioco, si evita di parlare seriamente di questa relazione e si finisce per relegarla a chiacchiera da bar.

Florio è strattonato da più parti: chi lo vuole come Crollalanza studiando attraverso sedute spiritiche, e chi non vuole assolutamente nessun tipo di correlazione tra lui e il Bardo e finisce con il raccontare solo una parte della verità. Sono due tipi diversi di menzogne, ma sono pur sempre menzogne. La verità sta nel mezzo, ed è più complessa da comprendere e più difficile da far accettare. 

John Florio non merita tutto questo. E non sono neanche d’accordo con chi afferma che «Nel bene o nel malepurché se ne parli». Per chi da tanti anni studia la vita e le opere di John Florio seriamente, non è bello sentire il suo nome associato a quello che lui stesso definirebbe ‘flim-flam tales” “storie senza né capo né coda”. E’ arrivato il momento di dire la verità. Di far conoscere anche al grande pubblico, quello televisivo, chi era davvero John Florio, e non relegarlo ad una nicchia di fanatici in cerca della cospirazione, e neanche ad un numero ristretto di accademici. 

Nella prefazione alla traduzione inglese dei Saggi di Montaigne, John Florio ha scritto una bellissima difesa della traduzione. L’autore inserisce l’atto del tradurre come necessario per la diffusione del sapere, chiedendo fermamente la sua democratizzazione e la divulgazione quale obiettivo principale dell’intellettuale.

E sì che non sarebbe patrimonio comune, il sapere. Già, ma non esiste un sapere troppo comune, e più è comune, meglio sarà. Ma chi non sarebbe geloso di un’amante tanto prostituita? Sì, ma quest’amante è come l’aria, il fuoco, l’acqua, più la respiri più si raffina; più copre, più riscalda; più la assaggi, più ti è dolce. Sarebbe inumano racchiuderla in una coppa, e una ruberia bella e buona tenerla segretamente nascosta.1

Traduzione, dunque, come tentativo di strappare la conoscenza dalle grinfie di élite culturali e politiche. Ed è quello che bisogna fare oggi con John Florio. Bisogna «volare verso gli altri che non conosciamo», come direbbe il principe Amleto. Scacciare via l’ignoranza con il sole della conoscenza, e portare questa figura così fondamentale per la cultura Inglese e Italiana a tutti. Senza sedute spiritiche sulle spiagge di Bagnara Calabra, e senza neanche quel mantello di pregiudizi dal quale è stato avvolto per secoli. 

Solo così tutti potranno conoscere la verità, e il vero volto di John Florio.

  1. Testo originale:”Why, but learning would not be made common. Yea, but learning cannot be too common, and the commoner the better. Why, but who is not jealous his mistress should be so prostitute? Yea, but this mistress is like air, fire, water: the more breathed, the clearer; the more extended, the warmer; the more drawn, the sweeter. It were inhumanity to coop her up, and worthy forfeiture close to conceal her.

One Comment

    • Cosma Cafueri

    • 1 anno ago

    Benone, speriamo ora di ‘bucare’ la cortina di divieti e rimozioni…